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“Gaya è della stessa razza [di Simone Weil]. Dice cose ancora più estreme, se è possibile. È veramente il pazzo del villaggio, il nano di Velázquez o di Shakespeare a cui solo è concesso di dire la verità. Dopo la morte di Pasternak, scoprire Gaya mi è stato di grande consolazione. Leggilo, te ne prego. Spero che anche tu ne scriva. È uno di quei libri, di quegli uomini, che entrano nella nostra vita con un balzo, e ci restano: (Qui, grazie a Dio, scappano tutti solo a nominarlo: è lo scandalo del giorno).”
Con queste intense parole Cristina Campo celebrò la prima edizione italiana de Il sentimento della pittura che apparve nel 1960 in Italia ancor prima che in Spagna con l’ottima traduzione di Leonardo Cammarano nei “Quaderni di pensiero e di poesia” curati da Elena Croce e María Zambrano dell’editore De Luca. Forse la tiratura limitata e la scarsa notorietà di Ramón Gaya danneggiarono la ricezione del volumetto che ebbe solo poche, illustri recensioni da parte di Cristina Campo, Elémire Zolla, Pietro Citati. Nel quadro della rilettura dei numerosi autori spagnoli repubblicani esuli del regime franchista appare doverosa una nuova edizione italiana di questo piccolo volume che è anche il primo pubblicato da Gaya.
Il sentimento della pittura raccoglie alcuni saggi pubblicati dall’autore in precedenza sulle più rinomate riviste ibero-americane insieme al saggio inedito che presta il nome al libro. Si tratta di scritti che sintetizzano le riflessioni di Ramón Gaya sull’arte e sulla pittura a cui l’autore dedicò la vita. Il pensiero estetico che si mostrerà nei prossimi volumi è presentato qui per la prima volta in maniera sistematica nelle caratteristiche che lo distinguono. Divergente e coraggiosa la riflessione di Gaya non teme lo scontro con autori noti e si offre come una proposta per comprendere l’arte al di fuori dei classici schemi di pensiero.
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