con gli auguri per una serena estate
Ferruccio Gemmellaro
Foglio informativo-espressionistico
della tradizione letteraria
Il Conciliatore è stato lo storico Foglio diffuso a
Milano dal 3 settembre 1818 al 2 ottobre1819 il
cui redattore capo era Silvio Pellico. Chiamato
Foglio Azzurro esprimeva ideali illuministici
sostenendo con forza la necessità che letteratura
avesse scopi morali ed educativi in mappa
europea
Foglio presente in sito http://www.literary.it/autori/dati/gemmellaro ferruccio/la_copertina.html
Periodico del Movimento Culturale La Copertina-Gli omologisti distribuito gratuitamente in circuito interassociativo culturale.
REDAZIONE Ferruccio Gemmellaro - Leonardo Vecchiotti
Cofondatore Taddeo Bruno artista argentino
Se non si desidera riceverlo informarne il mittente stesso mezzo
ANNO XXVIII - 2016 numero 4
Emissione storica Marzo 1988
Emissione con ISSN dal n. 5 del 2012
Movimento Culturale LA COPERTINA gli omologisti
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Coordinamenti Aree Interdisciplinari F. Gemmellaro - Nuova Figurazione Matteo Cosenza - Tavolozza Trevigiana Sergio Del Moro
Presidenza onoraria alla memoria Remigio Forcolin filosofo e decano giornalismo trevigiano
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Raffaela Longo e Ferruccio Gemmellaro in un dittico artistico a Meolo giugno 2016
Esposizione delle opere pittoriche di Raffaela Longo e presentazione dell’ultimo libro di Ferruccio Gemmellaro
1) FG, sindaca Loretta Aliprandi e R. Longo in quarta 2) Giacomo Buldo il bravo presentatore e
alla sua destra Fiorenza Vincenzi organizzatrice dell’evento 3) veduta parziale dei gentili ospiti
2
RASSEGNA STAMPA
La rassegna è in prevalenza attinente alle pubblicazioni cartacee o miste (on-line) salvo importanti eccezioni.
gli articoli non siglati s’intendano a firma FG
Ricordiamo a tutti i sodali di inviarci i dati di qualsiasi loro apparizione o citazione sulla stampa di argomento artistico-culturale per inserirli in questa rubrica
Stato Quotidiano online
5 lug Centenario Grande Guerra (VII) – L’occasione perduta
Sapori del Salento online
16 giu L’ultimo ulivo – percorso etimologico
21 giu Gelsi frutti dimenticati – a proposito di Gelso percorso etimologico
Il Convivio Ct
n.65 lug MEOLO Successo per la consegna dei premi Meolo 2016
inpiazza San Donà e dintorni
n. 6 giu Arte - Le “armonie parallele” di Franco Cadamuro (L. Vecchiotti)
Nouvelles littéraires online
Pubblicazione integrale Foglio 2016/2
LACOPERTININFORMA
Ricordiamo a tutti i sodali di inviarci informazioni di qualsiasi evento artistico-culturale che riguarda la loro figura per inserirle in questa rubrica e, eventualmente, in testo nelle pagine.
From: cla.giannotta@libero.it
Sent: Friday, July 08, 2016 12:10 PM
To: giuliana.sanvitale@alice.it
Subject: Esito 16° concorso internazionale poetico musicale 2016
\...\ la presente per comunicarti l'esito ottenuto al concorso di cui in oggetto.
Con il volume di poesie "Tesse Penelope" e con punti 465 su 600 hai ottenuto il seguente esito: 3° Premio.
Con la poesia "In viaggio" e con punti 330 su 600 hai ottenuto: Diploma d'Onore. Complimenti vivissimi!
Ti informo, altresì, che la cerimonia di premiazione si svolgerà il 1° ottobre p.v. nella struttura del parco botanico "Cutura", sita nel Comune di Giuggianello, provincia di Lecce.
Aggiornamento Web 16 luglio. Il testo integrale di OmologismoDue risulta visitato da 865 utenti. di OmologismoTre da 249 utenti, tutti in continua crescita. Attendiamo ora l’interesse per OmologismoQuattro, al battesimo con 23. La statistica non include i numerosi lettori di Literary.it, questo il sito editoriale che, oltre alle opere di FG, pubblica regolarmente il presente Foglio.
FG è in Twitter, seguitelo divenendone un Follower e possiede un proprio blog Ferrucciopress
http://www.dalsilealpiave.it/orizzonti/ è il link di Orizzonti online – organo del Consorzio Proloco dal Sile al Piave – dove oltre ad articoli interessanti potete leggere gli interventi di L. Vecchiotti (direttore) e di FG (collaboratore da Meolo).
Dizionario etimologico comparativo – Percorso omologistico (circa 1.400 pagine) pubblicato in Literary.it è bene ricordare che per consultarlo agevolmente (ricerca dei lemmi) occorre salvarlo come PDF e utlizzarne lo specifico “Trova”.
Ciò nondimeno, può essere letto pagina per pagina, terzina per terzina.
http://www.literary.it/dati/literary/G/gemmellaro_fer/po_2016/vocabolario_etimologico_comparat.html
INTERASSOCIAZIONISMO
IL GRUPPO ARISTICO LA NUOVA FIGURAZIONE dir. M. Cosenza
IL MOVIMENTO CULTURALE LA COPERTINA
COLLETTIVA DI PITTURA
degli artisti
Mary Barat, Pierino Cappellazzo, Isabella Cattai, Alfieri Da Rui, Aldo Latteo, Filiberto Marra, Claudio Pezzutto, Francesca Tiddi, Stefania Triandino, Luigi Zanatta
UN SIPARIO PER GLI ARTISTI – i vincitori
Sonia Barbon – Isabella Campanale – Marisa Canel – Luciana Cescon – Tiziana Fugolo – Sharon Macedonia – Donatella Rottin – Afra Rizzetto
Presentazione del maestro M. Cosenza
e note critiche di F. Gemmellaro e L. Vecchiotti
I.S.R.A.A.
Borgo Mazzini Treviso
dal 22 al 26 giugno
1) Artisti e ospiti in veduta parziale 2) FG LV Cosenza 3) Artisti e ospiti in veduta parziale
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LA POETICA
delle acque
Vi ricordo perle di fiume
Vi ricordo perle di fiume
dove il merito dell'embrione
sembra perdersi in mulinelli
avvitandosi a fili d'alga.
Per cacciarsi in seno al pantano
immutabile ordine d’acque
pare futile ogni guizzare
nel riverbero dello specchio.
Di germogli foriera e di atomi
particella di vita e luce
s'inabissa nel fondo e l’onda
lì dimentica la cometa.
Esplosione di vero affanno
l'infinito nello scompiglio
che ferisce in vie di dolore
e vocaboli di lamento.
La pazienza a ricolme mani
la costanza e l’abnegazione
identificano la fede
e le buone opere del cuore.
Raffaela Longo
Casale sul Sile Tv 2015
Un volo di gabbiani
Penso a quanto
questa vita mi ha donato
le esperienze e i ricordi che ha lasciato.
Il mare poi
nel suo immenso sconfinato
ha colorato di azzurro un cielo infinito,
ha dipinto le meraviglie della natura
linfa vitale del mio mondo
che senza mi annulla.
Da lontano
nel mio spazio immemore
brilla una luce
sfolgorante per me
ed io ho la certezza
che un dolce pensiero l’accompagni
e mi culli nel sonno;
come un tenero abbraccio magnetico
non mi abbandona,
ogni volta che mi lasci
mi segue
e mi fa compagnia fino al risveglio,
mentre io guardo lontano
e vedo il silenzio davanti a me
che si perde nel vuoto
sottovoce suggerisce:
vai… un volo di gabbiani
attende di completare il tuo puzzle.
Wilma Cecchettini
Cartoceto PU
da “Nello sguardo della luna” 2006
Molo sud
Nella baia le barche lussuose
dormono la ninna nanna
melodiosa del
mare.
Il sole dorato stordisce e
maliconicamente passeggi
sul molo.
Un uomo passa col bastone.
È la Poesia
del Poeta.
Anna D’Andria
Tortoreto Te
da “Versi d’amore” 2011
Senza titolo
Non più si corre a perdita di fiato
sugli argini del Brenta
ed è frenato l’imopeto del sangue,
ma i crinali del vento e le sue valli
nel territorio azzurro del mistero
egualmente invitano con forza
e quadriglie a tenzoni
Maria Antonia Maso Borso
Treviso
da”Segmenti & contrasti” 2014
Nuovo argine
Ho negli occhi l’effige
delle flore dei pioppi
e delle alghe del fiume
che sommuove lo sguardo.
Nelle labbra il sapore
delle pietre molate
e dell’acqua fontana
che stupisce l’odore.
Il mio sospiro
ripercorre l’ansa
avida della foce
ed il lamento
si riflette al crespo
cùpido di golene.
Genuflesso sul grembo della terra
mi dispongo tremante del nuovo argine
a incarnare l’aprìco sementato
accordare momenti del vivaio
dove sono cresciute le parole
esse ormai inaridite di canzone.
Ferruccio Gemmellaro
Meolo Ve
da “Tendenze di linguaggi (orientamenti di poesia italiana contemporanea)” 2008
da “Tendenze di linguaggi (antologia testi)” 2009
4
ESPRESSIONISMO LETTERARIO
Giuliana Sanvitale
Perché un asfodelo
Cara Giuliana,
non sarà una prefazione, quella che pure ti promisi, bensì un complice colloquio. Ho le tue pagine con me, ora che l’aria imbruna ed i ricordi affoltano il cuore. Eppure sai – e lo sai bene – che l’ora più bella è questa, quando la luce bianca, come aquila, si riposa stanca; ed il colloquio allora prende alimento dalla profondità più intima con noi stessi e con le persone che più non vediamo. Così memoria e sentimento fan marea.
Chino ancora lo sguardo sulle tue pagine di verità e di esistenza, di biografia avida e stentorea sugli assi della riflessione, del dolore non pago di sé e della confessione. Mi seduce e m’incalza la tua parola preziosa, nitida, persuasiva. Una parola essenziale e nondimeno calligrafica che filtra e fruga; strumento, il solo – direbbe il poeta russo Andrej Belyj – senza il quale non potremmo pervenire ad alcuna forma di conoscenza.
Indugio.
Ecco, l’anima, la mia, tra presentimenti e trasalimenti cerca le tue corpose parole, che sono un sapere che non è della storia ma della vita. Quella in cui si rimane come naufraghi – per usare il titolo della tua raccolta in cui poesia e narrazione innervano e sorreggono ciò che a ragione definisci una lunga lettera in itinere - quando i suoi tanti agguati, gli insistiti dinieghi e i suoi aguzzi frammenti aprono ampi varchi all’algebra delle lacerazioni e delle solitudini. Ma a te non manca – lo so, lo sai - lo sforzo vigile di cauterizzare le ferire aperte dalla falcidia del tempo-vita. Ed è forse per questo che mi fermo a pensare all’asfodelo, ad un fiore che in lande remote, dove si crede morta anche la morte, con i suoi esili scapi è l’unica nota di vita. Così il naufragio che annunzia la caduta invece ci lascia andare più in là, fino al ritorno, all’inizio dove furono moto e luce.
Il periplo dei ricordi è un esercizio che costa ma al quale, cara Giuliana, non hai voluto sottrarti; pur facendo ridestare l’urto della frantumazione; pur consapevole che ciò avrebbe acuminato le lame che condannano il tuo cuore a gocciolare per un passato recente che è ombra del tempo in corso.
D’altronde non è mai stata tua la dimensione del voluto esilio; né la resa cercando una bandiera bianca anche solo per una tregua. Perché sei come riva colma persino quando il vuoto stanca e l’orizzonte è ingombro di nuvole basse.
Ho sempre ammirato il tuo essere pietra pur dalle non visibili – perché pudicamente celate – fenditure; e mi ha sorpreso ogni volta il tuo senso profondo dell’amore, in lotta contro le stagioni estreme del vivere: quello che illumina una vita come il bianco di una tovaglia una mensa. Un amore il tuo – ed emerge con nitore, in maniera direi cogente - che scuote da sé ogni spoglia di possesso pervasivo propiziato da cesure e contrasti, come fosse una bitta in prossimità del primo buio. Piuttosto un’opportunità di grazia e di resurrezione, essendo tu capace di raccogliere nell’assenza.
Ti ho definito riva colma, e non volendo ha evocato l’acqua, archetipo a te caro e a te proprio. Tu Giuliana sei proprio così: i tuoi ascolti e le tue pronunce, così esclusive nella loro significanza, libere nella loro forza espressiva, cercano spazi aperti, non estenuati da perimetri chiusi. Proprio come il mare che – metaforicamente – hai attraversato portando nel cuore quelle stesse acque a simbolo di un viaggio, inteso come “cammino” sia verso che dentro la vita. Un inquieto itinerario che – m’insegni – è giusto si nutra di orizzonti sempre aperti, di verifiche ad ogni approdo, di consuntivi sulla linea del tempo, di ricerche metafisiche e di rinnovate consapevolezze. Perché è solo così che è possibile abitare sopra il naufragio.
Con l’affetto che non stinge.
Sandro Galantini
Un ancora e un sempre.
“La poesia sgorgò forse come sillaba magica. Suono primitivo, vibrato accordo sull’onda vivente del cosmo. […] Dell’antica vibrazione il poeta salvò sempre il ritmo musicale, nel verso, la fibrillazione strana di consonanti e vocali che sono e non sono (contraddittorio impasto) la lingua di tutti i giorni.”1 Di questa, la poesia ha sempre conservato la fisionomia esteriore ma ne ha
1 Ezio Savino, Introduzione a “IL funambolo e la luna” di Ghiannis Ritsos.
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arricchito la funzione di comunicazione quotidiana attraverso consonanze allucinate che fanno emergere superiori messaggi di bellezza, di sapienza, di dolore.
I poeti odierni o quelli che negli ultimi anni hanno tentato e tentano vie sperimentali, sembrano aver abbandonato la “fibrillazione” consonantica, spogliando il linguaggio poetico di ciò che al loro
sentire appare come una “doratura”, e mortificando con macchie grigiastre splendide immagini.
Eppure, nonostante tali tentativi, la poesia continua pervicacemente a indorarsi, a ristabilire armonia, ad assorbire quelle macchie nella luce straripante dalla propria funzione terapeutica, consolatoria. La forma di cui la poesia si ammanta, non ha solo il compito estetico di abbellire e decorare l’arazzo poetico, ma anche quello di rasserenare e calmare.
Giuliana Sanvitale ha fede nella funzione della poesia, fede nella sua continuità, nella persistenza dell’armonia. E da questa fede l’Autrice ha tratto linfa luminosa componendo versi vibranti di esperienze, personali o di altri, dei suoi cari e poi di chiunque ne abbia scoperto o le abbia mostrato, coscientemente o meno, le perle nascoste, a volte dolorose, dell’esistere.
Il mondo, la natura e l’umanità che circondano l’Io. Sono questi gli elementi che caratterizzano la poetica di questa Autrice e che rendono possibile il superamento della suaccennata antinomia tra forma e contenuto. Il verso, nella poetica di Giuliana Sanvitale, non è al servizio del canto, della melodia, ma della trasmissione dell’essenza del “sentire”. La metrica, l’intonazione, le immagini e il pensiero sono mezzi che intervengono simultaneamente. In lei si riscopre quanto Marina Cvetaeva diceva del proprio poetare: “Io sono sedotta dall’essenza, la forma arriverà da sola. E arriva… La forma richiesta dalla data situazione, ascoltata da me sillaba dopo sillaba… No, sono sedotta dall’essenza, poi incarno. Ecco il poeta. E incarno (qui è già questione di forma) il più possibile l’essenziale.”2
Il lettore si trova così davanti ad una Poetessa che trova l’ossatura del proprio poetare in un ritmo che non viene mai meno e dove il lettore diviene anche ascoltatore di suoni alti, energici, che anche nel loro segno grafico hanno la funzione di istradamento ai significati e all’essenza. Di qui l’uso particolare che l’Autrice fa dei segni (di interpunzione e/o di spaziatura), organizzandoli ai fini di una lettura ritmica, volendo suggerire al lettore come debba cadenzare i fonemi per una corretta comprensione dei significati.
La sommaria descrizione sin qui fatta della poetica di Giuliana Sanvitale giova a mio avviso a meglio comprendere il valore e il senso di questa raccolta che, nella sua apparenza monotematica, potrebbe indurre il lettore a ritenere queste pagine come aventi la sola funzione di “commemorazione” o, come dice il sottotitolo, di una lunga lettera in itinere, quasi fosse la celebrazione di un lutto privato, il prolungamento esibito di una romantica memoria.
Le pagine di quest’opera invece sono “gli spettri di un corpo che accompagni danzando il grido di un’anima”3: lo spettro di un corpo svanito, l’anima di “un viandante senza meta” (come definito nella poesia di questa raccolta “Di nuovo m’avventuro”).
E già sin dai primi versi che aprono questo volume, ci abbagliano le unità minime della poesia, il fonema e il grafema, che rivestono una grande importanza per la comprensione immediata della rilevante qualità di quest’opera :
Sul cuore
è tatuato il tuo nome.
A fuoco è marchiato
sulla pelle
e brucia ancora,
sempre.
2 M. Cvetaeva, Prose scelte
3 G. Ungaretti, Ragioni d’una poesia
In questi versi, essenziali ed esemplari di tutta la raccolta, convivono una logica rigorosa e una organizzazione severamente e potentemente ritmica che conducono a un’orchestrazione fonica strettamente funzionale al significato, e quindi all’essenza del legame che continua ad unire l’essere umano all’amato scomparso.
Nel terribilmente doloroso “A fuoco è marchiato / sulla pelle” e in quel finale e perenne “sempre”, non si può che rilevare con quale sincerità di dolorosi sentimenti Giuliana Sanvitale tesse il proprio pensiero.
Sincerità che continua ad evidenziarsi anche nelle prose raccolte in questo volume, attraverso i pensieri che si fanno realistici e a volte spietati. Prose che ci permettono di meglio comprendere il processo mentale che conduce l’Autrice alla creazione, la perfetta rispondenza tra forma e contenuto, la sua sensibilità e le emozioni che nella poesia trovano un rifugio e in cui continua la ricerca del vero e del reale. “Il narratore, il poeta, l’operaio della fantasia, deve anzitutto accettare il destino, esser d’accordo con sé stesso.” 4 È questo che dice Pavese ed è questa l’adesione di Giuliana Sanvitale alla vita. Non l’accettazione passiva, con la quale il condannato subisce la condanna, ma un’adesione anima e corpo a ciò che la vita le presenta, anche la fuga nella propria fantasia come un aspetto della realtà da vivere. “Li ho superati da tempo i lunghi silenzi, le assenze-presenze e ti ho amato di un amore diverso, più maturo, forse più saggio. Mi sono ritagliata degli spazi miei, in cui ho cercato di coinvolgerti, ma che non hanno quasi mai incontrato il tuo interesse. A me sono stati di grande supporto, mi sono stati indispensabili, per colmare i vuoti che forse erano creati soprattutto dalla mia eccessiva sensibilità.”
Non l’accettazione della donna sottomessa al proprio uomo né lo scaltro sfuggire con sotterfugi e menzogne alle strettoie della vita coniugale, ma la sensibilità di chi è sedotto, come detto pocanzi, dall’essenza della vita, di chi conosce il valore dell’essenziale. L’Autrice esprime l’essenziale attraverso la propria riservata sensualità, la propria irruente sensibilità e il vibrare delle emozioni che chiaramente traspaiono da poesie e prose: il modo in cui cita i sentimenti e specialmente il dolore, la totale immersione negli oggetti e le sensazioni a cui questi rimandano, la ricerca del compagno e di intimità con lui, il rifiuto spesso aspro che ne riceve.
Forse, dopo questa sommaria presentazione, il lettore avrà meglio riconosciuto quanto siano complesse le sensazioni e le riflessioni che emergono dagli scritti dell’Autrice. Ed è tempo di condurre il lettore a riscoprire quanto delle poesie di Giuliana Sanvitale penetra nella sensibilità di chi legge, suggerisce riflessioni, invita alla condivisone e alla partecipazione. “E piove luce” e “Averti qui” sono due liriche di questa raccolta che ho scelto perché emblematiche di quanto sin qui affermato. Ma è una scelta assolutamente arbitraria, dovuta al mio privilegio di averle lette prima ancora che nascesse l’idea di questo libro.
E piove luce
Già le tenebre sono lontane in questa notte in cui piove una luce che non ha un punto di provenienza individuabile, ma si irraggia intorno, “siderale ed eterea”. Luce fredda dunque sembrerebbe, luce che di umano non avrebbe nulla, giungendo da vastità deserte d’umanità: il mare, il cielo, l’infinito. Eppure proprio da queste vastità giunge la luce con il suo profumo di carezze, avvolgendo, sfiorando con i suoi riflessi, quasi dita leggere protese in un gesto d’amore.
In questo scenario, sarebbe logico giungere alla conclusione che il cuore si smarrisce nell’estasi poetica del rimpianto e che questa estasi si concluda con il desiderio di raggiungere l’essere amato.
Ma la profondità e la particolarità di questa poesia sta nel ribaltare la naturale e direi ovvia conclusione cui ciascuno di noi lettori giungerebbe.
I versi rivelano da subito la propria originalità nella doppia valenza della luce che illumina la notte: quella della vita, in cui l’Autrice è pienamente immersa e quella dell’essere amato, che si irradia dal ricordo. Non vi è dunque sin dall’inizio l’esclusivo desiderio di correre verso colui che è assente né l’impossibile desiderio che l’amato ritorni alla vita.
Si apre invece improvviso un dialogo tra esseri, che nei versi finali dona alla poesia un dimensione di intima intesa fra due anime, trasformando l’estasi in una domanda a cui seguono due silenziose affermazioni espresse dall’intensa tensione della cadenza ritmica.
4 C.Pavese, Di una nuova letteratura, in Saggi Letterari.
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Alla prima domanda, “sei tu che vieni?” è sottesa una risposta affermativa rivelata dalla fiduciosa certezza dei due versi successivi che proseguono, proprio col tono del dialogo, in una domanda retorica: “sai che a quella luce / mi disseto ancora”. E avendone ulteriormente ricevuto risposta implicita e positiva, il dialogo si conclude con un verso che, come rilevato, sovverte l’ordine logico: “Vieni, ti aspetto.”
Un sovvertire, questo, che immerge la nostra mente nel sentire due mondi come vivi, addirittura come due dimensioni dello stesso mondo, diverse e contemporanee, le cui entità sono ugualmente vive e reali. E solo nella coscienza di questa contemporaneità, la realtà si completa di quella dimensione la cui mancanza ci fa tanto soffrire.
Averti qui
Il ritmo armonioso e serrato vibra tra lo stretto abbraccio e lo “schiudere i pugni”, tra il trattenere un insufficiente sogno e il lasciare andare “nell’aria / nel vento” la corporea sostanza “di carne e tenerezze” che ha "pelle occhi sangue e una storia antica".
Una corporea sostanza che è tale solo perché sogno e desiderio di stringerla tra le braccia sono talmente forti e persistenti da illuderci che sia realtà. Ma sogno e desiderio non bastano più al vivere, al bisogno di averla vicina. Allora imploriamo che torni per un attimo, l’ultimo, per poi lasciarla andare per sempre “come un’onda alla sua riva”.
La lasceremmo andare, come sarebbe naturale, non come un’onda ma come la farfalla che non ci è mai appartenuta, che abbiamo umiliato nel suo volo stringendola tra le dita, e che non tornerà mai più. Che invocheremmo nella speranza che torni a noi.
Ma è un’onda, l’amata corporea sostanza. E non ha bisogno di essere invocata. Essa torna alla riva che è parte del suo destino. E la riva di cui parlano i versi non è l’opposta riva, quella che divide per sempre, quella che ci fa versare lacrime su una irreparabile separazione. Allora, la lasciamo andare perché tornerà a noi, a noi in attesa su quella riva.
Che al suo andare seguirà un ritorno e che la riva è quella dove noi attendiamo colui a cui abbiamo restituito la libertà, lo dicono i versi con la malinconia e l’amore di cui risuonano.
Nell’attimo in cui ridonano libertà, malinconia e amore sono sillabati nella rappresentazione grafica dello slancio arioso di restituire generosamente, del gesto di chi, obbligato dall’amore, spalanca le braccia per lasciare andare l’essere amato. In nome di questo amore non potrà che ritornare. Ma i versi ci dicono che siamo al di là della speranza, che lasciarlo andare significa condividere con lui, qui e ora, la sua libertà.
Nelle poesie citate, che ribadiamo ancora lo sono per arbitraria scelta e non in quanto più rappresentative delle altre, che meritano tutte di essere meditate, l’Autrice riversa il proprio sentire e lega a doppio filo il lettore alla loro musicalità. Ciò che vibra in lei vibra in chi legge, trasformando il dolore in esperienza che accomuna e, accomunando, conforta. E non stupisce allora la definizione che Giuliana Sanvitale stimmatizza di sé: “una donna priva di illusioni, ma ancora capace di amare”.
Un “ancora” che, alla luce di quanto sin qui ritrovato in lei, noi lettori-ascoltatori conquistati dalla sua intima ricchezza, trasformeremo in un finale e perenne “sempre”.
18/03/2016 Marcello Comitini
ARTICOLAZIONE
Centro sociale Tambre – Belluno
Domenica 24 luglio ore 17.30
Raffaela Longo si propone con una esposizione antologica delle sue opere pittoriche.
All’interno della vernice Ferruccio Gemmellaro presenta il suo ultimo volune “Semaforo nero” .
L’evento, introdotto dall’assessore alla cultura Dott.ssa Sara Bona, avrà quale critico presentatore per i lavori di entrambi gli autori il prof. Leonardo Vecchiotti.
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