venerdì 4 settembre 2015

Il Foglio volante di settembre 2015

COMUNICATO STAMPA

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In distribuzione “Il Foglio volante” di settembre 2015

È appena uscito dalla tipografica e sta per essere spedito agli abbonati, il numero di settembre del “Foglio volante - La Flugfolio - Mensile letterario e di cultura varia” (anno XXX, n. 9). Vi compaiono testi di Rosa Amato, Bastiano, Loretta Bonucci, Aldo Cervo, Mariano Coreno, Carla D’Alessandro, Francesco De Napoli, Amerigo Iannacone, Daniele Maraviglia, Adriana Mondo, Gabriella N. V. Napolitano, Silvana Poccioni, Nadia-Cella Pop, Fryda Rota, Antonio Vanni.
Ricordiamo che per ricevere regolarmente “Il Foglio volante” in formato cartaceo è necessario abbonarsi. L’abbonamento – che dà diritto all’omaggio di tre libri delle Edizioni Eva per un prezzo di copertina superiore al costo dell’abbonamento (20 euro) – serve anche a sostenere un foglio letterario che non ha altre forme di finanziamento. Per ricevere copia saggio, ci si può rivolgere all’indirizzo: fogliovolante@libero.it oppure al numero telefonico 0865.90.99.50.
Riportiamo, qui di seguito, l’articolo di apertura, una poesia di Rosa Amato e una breve nota dalla rubrica “Appunti e spunti- Annotazioni linguistiche”.



Pilato e il gran rifiuto

«Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto / vidi e conobbi l’ombra di colui / che fece per viltade il gran rifiuto.» scrive Dante nel terzo canto dell’Inferno, vv. 58-60.
Ma chi è l’uomo del «gran rifiuto»? Per sette secoli la maggior parte dei commentatori vi ha ravvisato Celestino V. E cosí per sette secoli è stata commessa un’ingiustizia se non un’infamia, perché sembra proprio che non si tratti di lui.
Giovanni Pascoli nel libro Sotto il velame. Saggio di un’interpretazione generale del poema sacro, pubblicato a Messina nel 1900, poi ristampato prima nel 1912, e poi nel 1952, sostiene che in realtà l’uomo del gran rifiuto è Ponzio Pilato.
Autori importanti hanno accolto la tesi che si tratti di Pilato. In particolare, Giovanni Iannucci, illustre dantista abruzzese, su quei due versi, «vidi e conobbi l’ombra di colui / che fece per viltade il gran rifiuto» ha pubblicato cinque libri: Il gran rifiuto (Lumen Vitae, 1959/1961); L’ombra di colui (Arcobaleno, 1969); Vidi e conobbi. Osservazioni su la Divina Commedia (Forni, 1970. pag. 230); Pilato l’ignavo - esegesi evangelico-dantesca (Forni, 1974); La dottrina che s’asconde - nuova radicale indagine dantesca (Italica, 1980). I libri, esauriti, sono ormai reperibili in qualche biblioteca o in qualche libreria antiquaria.
A leggere i libri di Iannucci si finisce inevitabilmente per sposare la sua tesi. Provo a fare qualche considerazione.
1) Non è ammissibile una perfidia tale da parte di Dante da avergli fatto collocare all’inferno Celestino V solo perché, – come alcuni sostengono – a causa della sua abdicazione, era salito al soglio pontificio Bonifacio VIII, che certo Dante non amava.
2) Dante dice «vidi e conobbi l’ombra di colui / che fece per viltade il gran rifiuto», non dice «vidi e riconobbi». Cioè: ebbe modo di conoscere. Ma già conosceva Celestino V e avrebbe dovuto scrivere “riconobbi”, come nel verso precedente dice «Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto».
3) È possibile parlare di “viltade” a proposito della rinuncia di Celestino V? In realtà egli dimostrò grande coraggio, sia opponendosi a una Chiesa secolarizzata, sia trasferendo il papato a Napoli. E anche tornando a fare l’eremita sul Monte Morrone, e rinunciando quindi a ogni privilegio.
4) Sembra anche che Dante abbia scritto quelle pagine dell’“Inferno” nei primi anni del XIV sec. quando Celestino V era stato già beatificato – con il nome di San Pietro Celestino – e non è credibile che il Poeta, sempre in linea e rispettoso della Chiesa, collocasse all’Inferno un santo.
5) Quello di Celestino V non fu un “rifiuto”, ma caso mai una “rinuncia”. Rifiuto sarebbe stato se non avesse mai accettato l’elezione a papa.
6) Gli ignavi sono gli sconosciuti di Dio, sono i miscredenti, sono gli atei e peccatori non battezzati di tutti i tempi. È il posto degli atei che non avendo avuto durante la loro esistenza speranza di vita in Dio, non hanno, per contrappasso, speranza di morte nel vestibolo. Altrimenti gli atei nella Commedia mancherebbero. E non Celestino V potrebbe certo stare tra gli atei.
7) Dante scrive “IL” gran rifiuto, con l’articolo determinativo e non “un” gran rifiuto, con l’articolo indeterminativo. “Il gran rifiuto” perché unico e irripetibile. Si allude infatti a Pilato, che si rifiutò di giudicare Gesú, rifiuto unico e irripetibile. Una rinuncia al papato si può sempre ripetere. E si è ripetuta infatti con Benedetto XVI.
8) Nella Commedia non si parla mai di Pilato (a parte una citazione a proposito di Filippo il Bello, definito “il Nuovo Pilato”, Canto XX del Purgatorio): è mai possibile che Dante si sia dimenticato di Pilato? Un personaggio ineludibile, tanto che lo si cita anche nel Credo. Mentre nell’opera non sono stati dimenticati altri personaggi del processo a Gesú, come, nel canto XXIII degli Ipocriti, i sacerdoti Anna e Caifa.
Ecco, sarebbe ora di rendere giustizia a un grande uomo, un grande santo, come Celestino V, e quindi anche a Dante stesso.
Amerigo Iannacone



In volo per Manila

Evoca il pugno di Francesco
in volo per la “Terra Promessa” di Manila
i calci di un Cristo adirato davanti al Tempio
ridotto ad una spelonca di ladri.

Gli ultimi della Terra,
dal tempo dell’aramaico Golgota,
occhi di fondo dolore volgono al Cielo
invocando una nuova Epifania.

Nei luoghi devastati dai monsoni franano
montagne di detriti che la città duale di Manila
disinvoltamente produce.
I ricchi “millepiedi” che affiancano il potere
protetti da muraglie super monitorate ammorbano
con rifiuti immondi i disperati della Terra.
“Libertà”, “Legalità”, “Fraternità”...
Parole vuote che il vento disperde se la Ragione
non tutela diritti sacri e universali.
Il pensiero di Voltaire, sempre sanzionato,
non giustifica la satira che offende e il vilipendio.

Un secolo di orrori si è appena concluso,
iniziato a Sarajevo con un colpo di pistola...
Ancora oggi scenari di guerra in un mondo
devastato, pronto a deflagrare se un qualunque segno
di matita che aggira la Ragione
in esca si trasforma per un rogo immane.

Gennaio 2015

               Rosa Amato
               Roma




Appunti e spunti
Annotazioni linguistiche
di Amerigo Iannacone

Un quarto d’ora in cinque minuti

Ragazzino di quarta ginnasiale, interrogato in geografia, mi sfuggí un’“America Settentrionale del Sud”. «Ma è Settentrionale o è del Sud?» Mi chiese ironica la professoressa. Io cercai di spiegare che intendevo il Sud dell’America Settentrionale, ovvero la zona che comprende il Messico. Qualche anno fa, un amico aveva scritto che il testo occupava un’“intera mezza pagina”. «Ma – chiesi – la pagine è intera o mezza?» Mi spiegò che la mezza pagina era intera, perché una mezza pagina poteva anche non essere intera ma a metà e quindi in tal caso si sarebbe trattato di un quarto della pagina originale. E forse c’era una certa logica, in questa apparente contraddizione in termini. Ma mi fece pensare a un cronista sportivo che commentando un partita di calcio in una televisione privata se ne uscí con la frase: «L’Isernia in questi ultimi cinque minuti sta passando un brutto quarto d’ora». Che anch’essa, probabilmente, aveva una sua logica.




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