COMUNICATO STAMPA
* * *
In distribuzione “Il Foglio volante” di settembre 2015
È appena uscito
dalla tipografica e sta per essere spedito agli abbonati, il numero di
settembre del “Foglio volante - La Flugfolio - Mensile letterario e di cultura
varia” (anno XXX, n. 9). Vi compaiono testi di Rosa Amato, Bastiano, Loretta
Bonucci, Aldo Cervo, Mariano Coreno, Carla D’Alessandro, Francesco De Napoli,
Amerigo Iannacone, Daniele Maraviglia, Adriana Mondo, Gabriella N. V.
Napolitano, Silvana Poccioni, Nadia-Cella Pop, Fryda Rota, Antonio Vanni.
Ricordiamo che
per ricevere regolarmente “Il Foglio volante” in formato cartaceo è necessario
abbonarsi. L’abbonamento – che dà diritto all’omaggio di tre libri delle
Edizioni Eva per un prezzo di copertina superiore al costo dell’abbonamento (20
euro) – serve anche a sostenere un foglio letterario che non ha altre forme di
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Riportiamo, qui
di seguito, l’articolo di apertura, una poesia di Rosa Amato e una breve nota
dalla rubrica “Appunti e spunti- Annotazioni linguistiche”.
Pilato e il gran rifiuto
«Poscia
ch’io v’ebbi alcun riconosciuto / vidi e conobbi l’ombra di colui / che fece
per viltade il gran rifiuto.» scrive Dante nel terzo canto dell’Inferno, vv. 58-60.
Ma chi è
l’uomo del «gran rifiuto»? Per sette secoli la maggior parte dei commentatori vi
ha ravvisato Celestino V. E cosí per sette secoli è stata commessa
un’ingiustizia se non un’infamia, perché sembra proprio che non si tratti di
lui.
Giovanni
Pascoli nel libro Sotto il velame. Saggio
di un’interpretazione generale del poema sacro, pubblicato a Messina nel
1900, poi ristampato prima nel 1912, e poi nel 1952, sostiene che in realtà
l’uomo del gran rifiuto è Ponzio
Pilato.
Autori
importanti hanno accolto la tesi che si tratti di Pilato. In particolare,
Giovanni Iannucci, illustre dantista abruzzese, su quei due versi, «vidi e
conobbi l’ombra di colui / che fece per viltade il gran rifiuto» ha pubblicato
cinque libri: Il gran rifiuto (Lumen
Vitae, 1959/1961); L’ombra di colui (Arcobaleno,
1969); Vidi e conobbi. Osservazioni su la
Divina Commedia (Forni, 1970. pag. 230); Pilato l’ignavo - esegesi evangelico-dantesca (Forni, 1974); La dottrina che s’asconde - nuova radicale
indagine dantesca (Italica, 1980). I libri, esauriti, sono ormai reperibili
in qualche biblioteca o in qualche libreria antiquaria.
A leggere
i libri di Iannucci si finisce inevitabilmente per sposare la sua tesi. Provo a
fare qualche considerazione.
1) Non è
ammissibile una perfidia tale da parte di Dante da avergli fatto collocare
all’inferno Celestino V solo perché, – come alcuni sostengono – a causa della
sua abdicazione, era salito al soglio pontificio Bonifacio VIII, che certo
Dante non amava.
2) Dante
dice «vidi e conobbi l’ombra di colui
/ che fece per viltade il gran rifiuto», non dice «vidi e riconobbi». Cioè: ebbe modo di conoscere. Ma già conosceva
Celestino V e avrebbe dovuto scrivere “riconobbi”, come nel verso precedente
dice «Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto».
3) È
possibile parlare di “viltade” a proposito della rinuncia di Celestino V? In
realtà egli dimostrò grande coraggio, sia opponendosi a una Chiesa
secolarizzata, sia trasferendo il papato a Napoli. E anche tornando a fare
l’eremita sul Monte Morrone, e rinunciando quindi a ogni privilegio.
4) Sembra
anche che Dante abbia scritto quelle pagine dell’“Inferno” nei primi anni del
XIV sec. quando Celestino V era stato già beatificato – con il nome di San
Pietro Celestino – e non è credibile che il Poeta, sempre in linea e rispettoso
della Chiesa, collocasse all’Inferno un santo.
5) Quello
di Celestino V non fu un “rifiuto”, ma caso mai una “rinuncia”. Rifiuto sarebbe
stato se non avesse mai accettato l’elezione a papa.
6) Gli
ignavi sono gli sconosciuti di Dio, sono i miscredenti, sono gli atei e
peccatori non battezzati di tutti i tempi. È il posto degli atei che non avendo
avuto durante la loro esistenza speranza di vita in Dio, non hanno, per
contrappasso, speranza di morte nel vestibolo. Altrimenti gli atei nella Commedia mancherebbero. E non Celestino
V potrebbe certo stare tra gli atei.
7) Dante
scrive “IL” gran rifiuto, con l’articolo determinativo e non “un” gran rifiuto,
con l’articolo indeterminativo. “Il
gran rifiuto” perché unico e irripetibile. Si allude infatti a Pilato, che si
rifiutò di giudicare Gesú, rifiuto unico e irripetibile. Una rinuncia al papato
si può sempre ripetere. E si è ripetuta infatti con Benedetto XVI.
8) Nella Commedia non si parla mai di Pilato (a
parte una citazione a proposito di Filippo il Bello, definito “il Nuovo
Pilato”, Canto XX del Purgatorio): è
mai possibile che Dante si sia dimenticato di Pilato? Un personaggio
ineludibile, tanto che lo si cita anche nel Credo.
Mentre nell’opera non sono stati dimenticati altri personaggi del processo
a Gesú, come, nel canto XXIII degli Ipocriti, i sacerdoti Anna e Caifa.
Ecco, sarebbe
ora di rendere giustizia a un grande uomo, un grande santo, come Celestino V, e
quindi anche a Dante stesso.
Amerigo Iannacone
In
volo per Manila
Evoca il pugno di Francesco
in volo per la “Terra Promessa” di Manila
i calci di un Cristo adirato davanti al Tempio
ridotto ad una spelonca di ladri.
Gli ultimi della Terra,
dal tempo dell’aramaico Golgota,
occhi di fondo dolore volgono al Cielo
invocando una nuova Epifania.
Nei luoghi devastati dai monsoni franano
montagne di detriti che la città duale di Manila
disinvoltamente produce.
I ricchi “millepiedi” che affiancano il potere
protetti da muraglie super monitorate ammorbano
con rifiuti immondi i disperati della Terra.
“Libertà”, “Legalità”, “Fraternità”...
Parole vuote che il vento disperde se la Ragione
non tutela diritti sacri e universali.
Il pensiero di Voltaire, sempre sanzionato,
non giustifica la satira che offende e il vilipendio.
Un secolo di orrori si è appena concluso,
iniziato a Sarajevo con un colpo di pistola...
Ancora oggi scenari di guerra in un mondo
devastato, pronto a deflagrare se un qualunque segno
di matita che aggira la Ragione
in esca si trasforma per un rogo immane.
Gennaio 2015
Rosa Amato
Roma
Evoca il pugno di Francesco
in volo per la “Terra Promessa” di Manila
i calci di un Cristo adirato davanti al Tempio
ridotto ad una spelonca di ladri.
Gli ultimi della Terra,
dal tempo dell’aramaico Golgota,
occhi di fondo dolore volgono al Cielo
invocando una nuova Epifania.
Nei luoghi devastati dai monsoni franano
montagne di detriti che la città duale di Manila
disinvoltamente produce.
I ricchi “millepiedi” che affiancano il potere
protetti da muraglie super monitorate ammorbano
con rifiuti immondi i disperati della Terra.
“Libertà”, “Legalità”, “Fraternità”...
Parole vuote che il vento disperde se la Ragione
non tutela diritti sacri e universali.
Il pensiero di Voltaire, sempre sanzionato,
non giustifica la satira che offende e il vilipendio.
Un secolo di orrori si è appena concluso,
iniziato a Sarajevo con un colpo di pistola...
Ancora oggi scenari di guerra in un mondo
devastato, pronto a deflagrare se un qualunque segno
di matita che aggira la Ragione
in esca si trasforma per un rogo immane.
Gennaio 2015
Rosa Amato
Roma
Ragazzino
di quarta ginnasiale, interrogato in geografia, mi sfuggí un’“America
Settentrionale del Sud”. «Ma è Settentrionale o è del Sud?» Mi chiese ironica
la professoressa. Io cercai di spiegare che intendevo il Sud dell’America
Settentrionale, ovvero la zona che comprende il Messico. Qualche anno fa, un
amico aveva scritto che il testo occupava un’“intera mezza pagina”. «Ma –
chiesi – la pagine è intera o mezza?» Mi spiegò che la mezza pagina era intera,
perché una mezza pagina poteva anche non essere intera ma a metà e quindi in
tal caso si sarebbe trattato di un quarto della pagina originale. E forse c’era
una certa logica, in questa apparente contraddizione in termini. Ma mi fece pensare
a un cronista sportivo che commentando un partita di calcio in una televisione
privata se ne uscí con la frase: «L’Isernia in questi ultimi cinque minuti sta
passando un brutto quarto d’ora». Che anch’essa, probabilmente, aveva una sua
logica.
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