COMUNICATO STAMPA
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È uscito “Il Foglio volante” di giugno 2015
È appena uscito
e sta per essere spedito agli abbonati, il numero di giugno del “Foglio volante
- La Flugfolio – Mensile letterario e di cultura varia” (anno XXX, n. 6). Vi
compaiono testi di Bastiano, Loretta Bonucci, Francesco De Napoli, Lino Di
Stefano, Georges Dumoutiers, Jason R. Forbus, Paul F. Georgelin, Santo
Giancotti, Amerigo Iannacone, Dario Maraviglia, Luciano Masolini, Nadia-Cella
Pop, Fryda Rota, Benito Sablone, Gerardo Vacana, Antonio Vanni.
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telefonico 0865.90.99.50.
Riportiamo, qui
di seguito, l’articolo di apertura,una poesia di Jason R. Forbus e una breve
nota dalla rubrica “Appunti e spunti- Annotazioni linguistiche”.
Film e canzoni, materie prime
Questa nostra Italia non
possiede granché di materie prime e la nostra industria, che è basata in gran
parte sulla trasformazione, è costretta a importarle dall’estero. E su questo
ben poco si può fare. Ma c’è un’importazione di cui facciamo un uso
spropositato e che si potrebbe alleggerire nella bilancia commerciale: si
tratta di prodotti su cui poniamo di meno la nostra attenzione ma che pure
hanno un peso notevole. Parlo di film e canzoni che importiamo dall’estero, in
particolare dagli Stati Uniti, per i cui diritti paghiamo somme rilevanti
(senza parlare, in questa sede, di diritti che si fanno lievitare dolosamente,
attraverso società cosiddette offshore).
Pensate sia poca cosa?
Provate a contare i film italiani e quelli stranieri trasmessi in televisione e
vi accorgerete che su venti film trasmessi diciannove sono americani. Provate a
contare quante sono le canzoni straniere e quelle italiane trasmesse in una
qualsiasi radio e vi renderete conto che le italiane sono una sparuta
minoranza. Questo significa che milioni di euro partono per l’estero, la
maggior parte per oltreoceano. Se si riducesse alla metà, si ridurrebbe lo
sbilancio e al tempo stesso si darebbe più respiro alla produzione del nostro
paese, incoraggiando oltretutto la creatività italiana, che viene sempre piú
mortificata.
Lo so che rientra nella
invadente anglomania linguistica, ma questa in parte è dovuta al masochistico
piacere di essere dominati, in parte al fatto che ci è subdolamente imposta ed
è supinamente accettata, con un’imposizione
una volta subdola e latente, poi sempre piú prepotente, spudorata e arrogante.
È di moda – ma una moda,
appunto, subdolamente imposta – scegliere e trasmettere canzoni inglesi, magari
(per la maggioranza) senza capirci nulla; è di moda programmare film americani,
spesso mediocri americanate, ed è di moda infarcire il discorso di termini
inglesi – spesso prendendo colossali cantonate – cosí come era di moda un
secolo fa usare termini francesi, come forse sarà di moda non fra un secolo ma
fra alcuni decenni il mandarino o l’arabo. E non per motivi linguistici, ma per
leccare sempre il vincitore. Sia pure uno che vince solo per motivi economici.
Amerigo Iannacone
Appunti e spunti
Annotazioni linguistiche
di
Amerigo Iannacone
L’effetto “affatto”
Ne
abbiamo già parlato, ma repetita forse
iuvant.
Ci
dice il vocabolario che l’avverbio “affatto” significa “del tutto, interamente”
e quindi ha un valore rafforzativo. Per cui, per esempio, l’espressione «è affatto sordo» significa «è
completamente sordo» e non «Non è per niente sordo». Con il tempo, tale valore
rafforzativo si è cominciato a usare soprattutto in frasi negative («Non è
affatto bello»), cosa che ha portato ad assegnare erroneamente ad affatto
il valore negativo di “per niente, per nulla”, valore che in realtà l’avverbio
non ha.
Una frase come «Non è stato affatto
gentile» significa «Non è stato per
niente gentile», ma «È stato affatto gentile» significa «È
stato davvero gentile» e non ha
valore negativo. La risposta «Affatto»
alla domanda «Ti disturbo?», non è negativa, ma è come se si rispondesse «Sí,
assolutamente, in tutto e per tutto». La risposta, se vuole essere negativa,
dovrà perciò essere «Niente affatto». Cosí, se alla domanda «Sei stanco?» la
risposta è «Affatto» non significa «No, non sono stanco» ma «Certo, come no?,
moltissimo». Lo stesso che se si rispondesse «Assolutamente», al che uno
dovrebbe ancora chiedere: «Assolutamente sí o assolutamento no?».
Come in quei giorni
Molti
anni da adesso
sussurrerò
il tuo nome
come
in quei giorni
quando
le speranze erano acerbe
e
i sogni maturi.
In
quei giorni pieni di musica
e
colorati di primavera.
Quei
giorni in cui ti nascondevi
come
un fiore selvatico
che
tenta di sfuggire all’inverno.
E
quando la neve si scioglieva
assaporando
il tuo nome sulle labbra.
Anno
di un domani incerto
che
sprofondi nel tramonto
di
un sole nero,
ricordami
ancora di quei giorni,
del
milione di passi trascorsi
dell’estasi
di un bacio.
Jason R. Forbus
Gaeta (LT)
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